Si chiama To the Burn and Turn of Time il nuovo disco degli Holy Swing. Un nuovo inizio per la band bergamasca emo/post hardcore Hardship da cui, nell’aprile 2019, esce Nicolò Morbis (bassista) ed entra Matteo Taiocchi. In virtù del cambio di formazione e della diversità di suono rispetto all’EP May si decide di cambiare nome al progetto.
Holy Swing traccia per traccia
Si parte subito belli carburati con Twin Primes, molto potente e urlata ma con un sottofondo malinconico ed espressivo.
Risonanze profonde ed echi lontani all’interno di The New Abnormal, che ha un drumming piuttosto incisivo.
Molto più aggressiva e arrabbiata, ecco Flower Bed, che ha esiti che stanno tra lo stoner e il nu metal, con momenti di tranquillità minacciosa alternati a forti tempeste.
Tempeste che non si placano (anzi) con Parfit’s Glass, robusta e con un battito quasi estenuante, con improvvisi sfoghi urlati.
I Wake to See the World Go Underwater parte molto piano: voce e chitarra per un’apocalisse morbida e imminente.
C’è un certo senso del dramma all’interno di Your Dopamine, che si mostra sfaccettata e anche piuttosto teatrale. Molto più diretta e veloce Donnie, con l’elettricità a prendere possesso della scena.
April Wheel ha toni malinconici e appena accennati sulle prime, per esiti che poi si dimostrano molto roboanti.
Si parte piano con Paper King, che chiude l’album. Chitarra classica e voce che sembra uscire dalle ombre e salire piano piano. Poi il brano acquista struttura e corpo, fino a esiti esplosivi.
La ripartenza degli Holy Swing parte con il piede giusto, quasi sempre sull’acceleratore peraltro. Un disco potente ma anche capace di mostrare le proprie sfumature; nel complesso un ottimo risultato.