La band milanese L’introverso ha appena pubblicato il proprio secondo album, Una primavera, tra pop e rock, con influenze britanniche (qui la recensione). Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Nico Zagaria, cantante e autore della canzoni.

[soundcloud url=”https://api.soundcloud.com/playlists/142477944″ params=”color=ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false” width=”100%” height=”80″ iframe=”true” /]

Come siete arrivati a questo secondo album? Che cosa è cambiato nella band nei due anni passati da “Io”?

Sono cambiate molte cose nelle nostre vite. Siccome siamo un gruppo che parla più di quello che vive, che di quello che vede, pensiamo che la nostra rivoluzione personale abbia influenzato anche la nostra musica. Rispetto al passato, siamo innanzitutto più sorridenti.

Perché avete scelto Davide “Divi” Autelitano per la produzione e che cosa ha dato in più al disco?

Ci conosciamo da un po’ di anni e la collaborazione è nata una sera, quasi per caso, in amicizia. La prima cosa che ci siamo detti è stata: “Divertiamoci!”. E in effetti ci siamo divertiti molto. Da semplici amici, nel corso di un anno e mezzo siamo diventati fratelli. Cosa ci ha dato? Tanto. Nonostante fosse la sua prima esperienza da produttore artistico, Divi aveva comunque cinque o sei album alle spalle e ancora più tour: ci ha trasmesso la sua conoscenza, i suoi metodi e ha tirato fuori il meglio di noi, con le buone ma a volte anche con le cattive!

La rivincita de L’Introverso

Come nasce “Manie di grandezza”?

Nasce da un senso di rivalsa nei confronti di chi, quando eri ragazzino, ti diceva che nella vita non avresti mai combinato niente di buono e che, probabilmente, saresti finito male, solo perché provenivi da un posto dalla brutta fama, lontano dalla Milano che contava. La rivincita è essere ancora qui, a farci il mazzo per le nostre passioni, rimanendo persone oneste.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

E’ stato un album pensato per avere anche una resa live, quindi con pochi fronzoli. Abbiamo registrato con la classica formazione rock: voce, due chitarre elettriche, basso e batteria. Più qualche chitarra acustica. Seppur sia venuto fuori un suono molto raffinato, la base strumentale è questa.

Chi è l’artista indipendente italiano che stimate di più in questo momento e perché?

A noi piace chi sa scrivere canzoni, quelle vere. Chi in uno schema strofa-ritornello ti sa atterrare. L’importante è che non sia banale e che abbia la sua personalità. Ultimamente si stanno affacciando sulla scena band e cantautori che scrivono con questo approccio. Per certi versi, comporre musica sperimentale è più facile (e meno rischioso) di riuscire a lasciare qualcosa alle persone in soli tre minuti e mezzo, con una canzone diretta. In Inghilterra lo sanno fare bene: lì hanno una concezione del “pop” più matura della nostra.

“Pop” non vuol dire automaticamente “commerciale”: erano pop le Spice Girls, ma lo erano anche gli Smiths. C’è modo e modo di esserlo. In Italia, in certi ambienti la melodia è ancora qualcosa che fa paura, perché il concetto di “alternativo” è ancorato a un passato da centro sociale, fatto di urla e chitarre sporche (o di rap da protesta), che ha dato tanto alla musica indipendente italiana, ma che non c’è più. Le nuove generazioni non fanno queste differenze. Una a volta ai concerti alternativi eri figo solo se pogavi, oggi i ragazzi e le ragazze non hanno paura di cantare a squarciagola dei ritornelli degni di questo nome.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi