Quattro ragazzi di Bologna e un pugno di canzoni in cui la recitazione prevale sul canto: i Parsec hanno appena pubblicato il debutto Sulla notte (qui la recensione di TraKs) e noi li abbiamo intervistati.
Qual è stata la vostra storia fin qui?
Abbiamo iniziato a suonare insieme nell’autunno del 2009, dopo esserci conosciuti fra i banchi del liceo. Nel 2011 abbiamo registrato in presa diretta al Vacuum Studio il nostro primo ep autoprodotto, Reset, che ha riscosso interesse e apprezzamenti, permettendoci di suonare dal vivo con regolarità.
Nel 2013 abbiamo iniziato a lavorare a un disco vero e proprio, cercando di curare ogni aspetto: dagli arrangiamenti ai testi, dalla scelta dei suoni all’artwork. Il salto di qualità l’abbiamo avuto quando con un po’ di fortuna abbiamo trovato una sala prove tutta nostra dove poter lavorare senza frenesie. Per la registrazione finale del disco siamo stati in studio circa tre mesi, nei quali è stato fondamentale lavorare con professionisti come Michele Postpischl, Luigi Tizzano e Francesco Donadello, che hanno dato la giusta direzione alle nostre idee e al nostro percorso sonoro.
Potreste spiegare il titolo del disco, la scelta della copertina e gli umori che ne hanno accompagnato la realizzazione?
Non poteva esserci titolo diverso: il disco è una raccolta di storie notturne, un viaggio interiore tra anime solitarie, suggestioni e inquietudini urbane. Il vissuto autobiografico e l’insonnia di cui siamo vittime hanno giocato un ruolo determinante. La notte è il momento della giornata in cui ci sentiamo più ispirati e produttivi: riusciamo a pensare e a lavorare con calma ai nostri progetti senza l’affanno della routine giornaliera, ritrovando fiducia e speranza per il futuro… insomma, la notte ci fa sentire importanti.
Per quanto riguarda la foto in copertina, è una gentile concessione del fotografo canadese Greg Girard, uno dei nostri miti. Quando gli abbiamo scritto non ci aspettavamo certo di ricevere una risposta affermativa poco dopo, con la quale ci comunicava di non avere alcun problema a concederci la foto per la copertina del disco…da quel momento è stato tutto più semplice, ci siamo sentiti al settimo cielo!
Che cosa vi ha colpito della storia di Emile Griffith tanto da farne una delle canzoni cardine del disco (almeno a mio giudizio)?
Hai fatto centro: Emile è il primo singolo del disco e recentemente è uscito anche il video. Griffith è una figura interessante perché è stato un loser, un outsider, un personaggio fuori dagli schemi, che nonostante la grande popolarità è finito per morire da solo, senza un soldo, completamente dimenticato da tutti. Chiunque può finire nella sua situazione. La storia di Griffith è un pretesto per parlare delle nostre paure, delle nostre aspettative e speranze, in cerca di un’identità che sentiamo di aver irrimediabilmente perduto.
Pagine del diario dei Parsec
Visto che i testi dei Parsec sono per lo più recitati, sono curioso di sapere se partite da quelli o dalla musica, e comunque qual è la vostra routine di lavoro tipica, se ne avete una?
Di solito partiamo sempre dalla musica e dal tipo di atmosfera che sviluppa il brano. Il testo viene scritto in un secondo momento quando la struttura è già ben definita. Ovviamente esistono le eccezioni, per esempio il testo di Non Siamo Mai Stati Moderni è saltato fuori prima di scrivere la canzone, direttamente da una pagina di diario, scritta di getto dopo una giornata piuttosto stressante. Musicalmente lavoriamo tutti insieme sui brani, ognuno porta il suo contributo, chi più, chi meno. Sui testi lavora Samuele, che si confronta con Federico per impostare il recitato considerando pause e ritmiche presenti nella musica.
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
Chitarre e bassi Gibson e Gherson, casse Hope, testate Engl e Mesa Boogie, un Korg ms20, una batteria Tama, un pc, una scheda audio e molti microfoni.
Chi è l’artista indipendente italiano che stimate di più in questo momento e perché?
E’ una domanda difficile perché stimiamo parecchi artisti della scena indipendente italiana e non riusciremmo mai nominarne uno in particolare. In primis ci vengono in mente band di qualità come Zu, Death Of Anna Karina, Splatterpink, Ofelia Dorme, Ornaments e Cosmetic, da sempre attente alla ricerca sonora.
Per rimanere nella Bologna “emergente” possiamo dirti che due gruppi spaccano davvero tanto, e sto parlando dei Subtrees e dei The Giant Undertow: due progetti che se non si perderanno per strada faranno il botto, perché hanno qualità e spessore artistico da vendere.