Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana.

Se la data di nascita di Lucio Dalla (4/3/1943) è molto nota, meno conosciuto è il fatto che il padre, Giuseppe, facesse il direttore del club di tiro a volo di Bologna e che morì di tumore quando Lucio aveva soltanto sette anni. Mamma Iole decide così di mandare il figlio al Collegio Vescovile Pio X di Treviso. Già a quell’età Lucio inizia a manifestare talento per la musica e il teatro, anche sull’esempio di zio Ariodante, cantante melodico di una certa popolarità all’epoca. Suona la fisarmonica, ma la leggenda vuole che padre Pio in persona cerchi di dissuaderlo dalla carriera artistica. Dalla non lo ascolta e a giusta ragione. Ma la fisarmonica fa una brutta fine:

Il mio vicino di casa che era un filojazzomane, quando avevo dieci, undici anni, venne giù a casa mia, prese quella fisarmonica rossa, me lo ricorderò sempre, andò alla finestra e la buttò, il giorno dopo mi regalò un clarinetto e lì mi si è aperto il mondo

Torna a Bologna e succede anche questo:

Avevo undici anni quando mia madre, donna strana, una stilista che non sapeva mettere un bottone, mi portò in un istituto psicotecnico di Bologna, per un test sulle mie attitudini, risultò che ero un mezzo deficiente

La signora Iole sprona continuamente Lucio e non si preoccupa se il percorso scolastico del figlio non è molto ortodosso: tenta con ragioneria, poi si trasferisce al liceo classico, quindi ci prova con il linguistico. Ma gli interessa soltanto la musica: come clarinettista, suona nel gruppo jazz bolognese Rheno Dixieland Band, di cui fa parte anche Pupi Avati che, quasi fosse un giovane sportivo di razza, si sente “chiuso” dal talento di Dalla. Avati prima pensa di ucciderlo, buttandolo giù dalla Sagrada Familia a Barcellona, poi lascia la musica per il cinema.

La scelta è saggia, i due diventeranno amici e qualche anno dopo Avati farà recitare Dalla nella Mazurka del barone, della santa e del fico fiorone. Dalla intanto suona il jazz e ha la ventura di conoscere Chet Baker. Nel 1962 entra nei Flippers, gruppo jazz che annovera anche Franco Bracardi al pianoforte. La band collabora ad alcune incisioni di Edoardo Vianello e Dalla, che accanto al clarinetto ha iniziato anche a usare la voce, inizia a sperimentare il canto scat, che sarà una sua caratteristica peculiare.

Nel 1963 conosce Gino Paoli al Cantagiro ed è il cantautore di Monfalcone a consigliargli di iniziare una carriera da solista; i Flippers non la prendono benissimo. Nel 1964, a ventun anni, incide il primo 45 giri, con due cover: Lei (non è per me) da un canto tradizionale americano reso popolare da Bessie Smith e Ma questa sera, da Hey little girl di Curtis Mayfield.

Il pubblico, come si dice in questi casi, non è pronto: il 45 giri è un fiasco e durante il Cantagiro del 1964 Lucio porta a casa anche svariati lanci di ortaggi. Ma non si scoraggia: forma il gruppo Gli Idoli e incide 1999, il primo lp. Nell’album ci sono Quand’ero soldato e Paff…bum!, presentata qualche mese prima al Festival di Sanremo, in abbinata nientemeno che con gli Yardbirds di Jeff Beck. Nel disco ci sono due cover di James Brown, I got you e Mondo di uomini, dall’originale It’s a man’s man’s man’s world, tradotta da Sergio Bardotti e Luigi Tenco.

“4/3/1943” e “Piazza Grande”

La fine degli anni Sessanta si svolge più o meno su questo copione: molte cover di artisti americani, poco successo, qualche partecipazione alle manifestazioni canore più popolari. Anche il secondo album, Terra di Gaibola, passa del tutto inosservato. Non così Storie di casa mia del 1971, soprattutto sull’onda del clamore suscitato da 4/3/1943, presentata a Sanremo in abbinata con la Nuova Equipe 84, specie di formazione all-star con Maurizio Vandelli, Franz Di Cioccio e Dario Baldan Bembo: la canzone deve cambiare il titolo originale Gesù Bambino e svariati versi per non essere esclusa dalla censura festivaliera e conclude il proprio percorso al terzo posto, mentre a vincere è Il cuore è uno zingaro, proposto da Nicola di Bari e Nada, e secondi si classificano i Ricchi e Poveri insieme a José Feliciano con Che sarà.

Per Dalla è un trionfo: il 45 giri rimane per quindici settimane nella hit parade, Dalida ne incide una versione in francese e Chico Buarque de Hollanda una in portoghese, così per la prima volta il cantautore sperimenta in prima persona il successo. Che non lo lascerà più: nel 1972 incide Piazza Grande, scritta con Ron su testo di Baldazzi e Bardotti, altro inno pressoché immortale, che anni dopo finirà addirittura fra le tracce di un esame di maturità. Anche se più tardi Dalla dirà di Piazza Grande:

È solo una canzone. Io non sono di quelli che hanno bisogno di sentirsi definire poeti, le canzoni non hanno a che vedere con la poesia, hanno una loro autonomia, sono frutto di un percorso loro, di una ricerca che ha una sua dignità e un suo posto nell’immaginario collettivo, nella memoria di tutti.

Nel 1973 Dalla inizia a collaborare per i testi con il poeta Roberto Roversi. Ha così inizio una terzina di album che, per certi versi, non è azzardato paragonare alla posteriore trilogia berlinese di David Bowie con Brian Eno, non certo per contenuti o per somiglianze stilistiche, quanto per volontà di bagnarsi in acque del tutto diverse da quelle che si sono frequentate fino a quel momento, in un processo che, più che artistico, è psicanalitico.

Il primo risultato è Il giorno aveva cinque teste, uscito nel 1973 e influenzato anche dal rock progressive che all’epoca andava per la maggiore: l’album non include nessuna vera hit, anche se La canzone di Orlando è destinata a una vita piuttosto lunga. Roversi scrive di attualità in testi come L’auto targata TO e in L’operaio Gerolamo. Ma nel 1974 Dalla incontra anche Francesco De Gregori, con cui inizia una collaborazione tra le più fruttuose della storia della musica italiana.

I due collaborano a Pablo e ad altre canzoni, suonano insieme dal vivo, con Maria Monti e Antonello Venditti, ciò porta all’album Bologna 2 settembre 1974 (dal vivo). Dopo il singolo Anna Bellanna arriva Anidride solforosa, che prosegue il discorso con Roversi. Anche qui le tematiche sociali scavano solchi profondi in canzoni come Mela di scarto e Dalla si produce in orchestrazioni sempre più curate. Partecipa pure al Festival del proletariato giovanile, promosso dalla rivista Re nudo e poi si butta in un’avventura radiofonica con Guccini, Bonvi e il giovane Red Ronnie.

A chiudere il periodo con Roversi nel 1976 arriva Il futuro dell’automobile e altre storie, uno spettacolo teatrale trasmesso anche dalla Rai in sei puntate. Dalla si confronta con uomini di spettacolo e colleghi, come Cochi e Renato, Edoardo Bennato, Antonello Venditti, Paolo Conte, Roberto Benigni, Gabriella Ferri, Tony Esposito, Francesco Guccini e Dario Fo. Tra le canzoni che accompagnano la rappresentazione ci sono pezzi di sicuro interesse anche discografico, come Il motore del 2000 e Nuvolari, il che spinge la RCA a chiedere a Dalla di pubblicare un album, che si chiamerà Automobili e uscirà nel 1976.

Roversi però è contrario. Il disco, praticamente un concept, avrà maggiore successo rispetto ai precedenti due e lascia numerose tracce: per esempio i quattro musicisti che suonano con Dalla, Giovanni Pezzoli, Marco Nanni, Ricky Portera e Gaetano Curreri proseguiranno la carriera sotto il nome collettivo di Stadio. La relazione artistica tra Dalla e Roversi, però, termina qui e forse è giusto così. Dalla spiega:

A un certo punto ci siamo divisi su come organizzare il nuovo lavoro: lui lo voleva in maniera estremamente rigorosa, impostata verso un approfondimento del linguaggio dei nostri lavori precedenti, per esempio lui voleva parlare ancora essenzialmente con un linguaggio politico, mentre io non ero d’accordo, perché bisognava allargare più contatti col pubblico

E poi:

Dopo Roversi non avrei mai immaginato di poter scrivere testi con altri. Come quando scopi con la Schiffer, a un certo punto lei non c’è più e al suo posto c’è un pastore tedesco. Allora capii che dovevo cominciare a scrivere i testi delle mie canzoni

In prima persona

E così farà: seguita a frequentare poeti e artisti, come Pier Vittorio Tondelli e Andrea Pazienza, procede a collaborare con i suoi colleghi, continua a essere socievole come sempre, ma per lavorare si ritira nella sua villa alle Tremiti. Al contrario di Guccini, che è emiliano di montagna, Dalla sarebbe emiliano di mare, ma non nel senso dei lidi ferraresi: mamma Iole era originaria della Puglia e vi portava il figlio ogni estate.

A Lucio resta sempre la nostalgia del mare e lo inserisce in numerose canzoni, anche come metafora: così succede per Com’è profondo il mare del 1977, primo, eccellente, risultato del Dalla autore anche dei testi. O meglio, oggi lo si considera un risultato eccellente, ma sulle prime è subissato di critiche, non ultime quelle dello stesso Roversi: «Ha voluto semplicemente essere lasciato in pace a cantare il niente. Sono scelte industriali, non sono scelte culturali».

Eppure la canzone Com’è profondo il mare, per fare un esempio, non sembra rappresentare propriamente il niente: anzi lavora per allusioni e a livello molto più poetico di quanto i testi di Roversi non abbiano mai fatto. Il disco contiene altri pezzi che resteranno importanti nella carriera di Dalla, compreso l’ironico e osceno Disperato erotico stomp, e nel complesso segna una svolta importante, forse più pop, ma anche più vicina al contemporaneo.

Il cambiamento si approfondisce e si realizza nel 1979, con Lucio Dalla, il disco migliore e più completo del cantautore bolognese. L’album si apre con L’ultima luna, apocalittica e in fondo complementare a Com’è profondo il mare, anche se su musica più movimentata, e si chiude con L’anno che verrà, altra canzone simbolo per decenni. In mezzo ci sono Anna e Marco, Cosa sarà con De Gregori, Notte, Milano e un’altra manciata di canzoni.

A proposito di De Gregori: nel dicembre del 1978 era uscito il 45 giri Ma come fanno i marinai, che metteva di nuovo accanto due pesi massimi della musica italiana. La canzone riscuote un successo immediato e spinge i due a portare in giro un tour che riempirà piazze e stadi nell’estate del 1979. Il riassunto della tournée, Banana Republic, tra cover, riletture, nuovi disegni è un successo duraturo.

Nel 1980 il cantautore bolognese, questa volta da solo, chiude con Dalla la trilogia, in modo altrettanto trionfale: ci sono Balla balla ballerino, Cara, La sera dei miracoli, Futura, che confermano come padroneggi ormai perfettamente l’arte di parlare di concetti eterni con semplicità comprensibile anche da un bambino. Futura, in particolare, ha una genesi piuttosto curiosa. Racconta Dalla:

Nacque come una sceneggiatura, poi divenuta canzone. La scrissi una volta che andai a Berlino. Non avevo mai visto il Muro e mi feci portare da un taxi al Checkpoint Charlie, punto di passaggio tra Berlino Est e Berlino Ovest. Mi sedetti su una panchina e mi accesi una sigaretta. Poco dopo si fermò un altro taxi, ne discese Phil Collins che si sedette nella panchina accanto alla mia e anche lui si mise a fumare una sigaretta… Mi venne la tentazione di avvicinarmi a Collins per conoscerlo, per dirgli che ero anch’io un musicista. Ma non volli spezzare la magia di quel momento. In quella mezz’ora scrissi il testo di Futura, la storia di questi due amanti, uno di Berlino Est, l’altro di Berlino Ovest, che progettano di fare una figlia che si chiamerà Futura

Da Borotalco a Caruso

L’inizio degli anni Ottanta vede una serie di eventi che assomigliano molto a una pausa artistica: esce il Q disc, esperimento fallito di ponte tecnologico, a quattro canzoni, tra lp e 45 giri, che però ha il merito di annoverare Telefonami tra vent’anni. Si formano ufficialmente gli Stadio, anche su spinta di Dalla, che convince Curreri a cantare in prima persona. Esce Borotalco, il film di Carlo Verdone che contiene musiche di Dalla e che lo include come parte integrante della trama: Eleonora Giorgi interpreta una ragazza che vorrebbe incontrarlo a tutti i costi.

Esce poi 1983, a tutti gli effetti e per stessa ammissione di Dalla uno dei dischi meno riusciti della sua carriera. Così, nel 1984, capisce che è tempo di cambiare rotta e lascia che gli Stadio veleggino per altri lidi, comincia a collaborare con Mauro Malavasi e cambia ritmo: il risultato è Viaggi organizzati, un notevole successo, a partire dalla title track che sarà reincisa in inglese da Olivia Newton John. Conferma le proprie capacità di talent scout collaborando all’album d’esordio di Luca Carboni …intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film. Nel 1985 torna a contatto con gli Stadio e pubblica Bugie, che si apre con Se io fossi un angelo e che ha buoni riscontri e buone critiche.

Parte in tour con gli Stadio e ha inizio una catena di eventi che porterà alla pubblicazione di quella che rimane forse la sua canzone più celebre: il 23 marzo del 1986 si esibisce al Village Gate di New York, la Rai riprende e manda in onda quel concerto, che Dalla poi pubblica nel doppio live Dallamericaruso. Il disco si apre con Caruso, che senza essere la sua canzone migliore, resta un esperimento straordinario di giochi di memoria, sovrapposizioni musicali e testuali, omaggi alla storia. Ne faranno una cover praticamente tutti gli interpreti più pop della melodia all’italiana: Céline Dion, Michael Bolton, Lara Fabian, Julio Iglesias, Andrea Bocelli, Luciano Pavarotti con l’aggiunta di Mercedes Sosa.

Dalla ha più volte raccontato come la canzone sia nata da un viaggio a Sorrento in cui un guasto alla barca lo costringe a sostare in Costiera, nello stesso hotel e nella stessa stanza dove anni prima era morto il grande tenore Enrico Caruso. Il personale dell’albergo, dopo essersi trattenuto a cena con il cantautore, gli racconta della coinvolgente storia d’amore tra Caruso, ormai affetto da una grave malattia ai polmoni che gli impediva di cantare, e una giovane allieva, a cui la grande star della lirica insegnava canto.

Commosso da quelle parole, il cantautore, ritiratosi poi nella stanza, guardando le foto del tenore, il suo vecchio pianoforte e il panorama del Golfo trova l’ispirazione per comporre sia il testo sia la musica. Quanto di romanzo e quanto di verità ci sia in questo racconto non è dato sapere e in fondo non ha alcuna importanza: le buone storie si conferiscono verità da sole.

Nel 1988 arriva un altro duetto importante, ma al contrario delle similitudini dell’esperienza con De Gregori, qui si confrontano realtà piuttosto diverse: incide con Gianni Morandi Dallamorandi, che mette a confronto in fondo la canzone nobile con quella popolare, il cantautore con l’interprete, il poeta con il cantante di canzonette, seppur evolutosi negli anni. La scoperta è che la distanza non è poi così enorme, anche perché Dalla a giocare con il pop riesce sempre benissimo.

Nel tour e nel disco, tra l’altro, non fa pesare la sua autorità da cantautore, preferisce spesso interpretare brani altrui e ci sono Mogol, Lavezzi, Ron, Guccini, Battiato a prestare canzoni ai due. Tra i migliori risultati dell’incontro, che porta in dote un disco da un milione di copie, c’è Vita, su musica di Lavezzi e testo di Mogol.

Cambio

Nel 1990 esce Cambio ed è un successo incredibile: 1 milione e 400.000 copie vendute, soprattutto grazie al singolo Attenti al lupo. La canzone scritta da Ron è, per i canoni di Dalla, piuttosto semplice, per non dire di peggio. Ma è Dalla a insistere con Ron per poterla cantare. Anzi, secondo quanto racconta il giornalista Giancarlo Trombetti, Dalla quasi “costringe” Ron a cedergli la canzone, argomentando anche con questioni piuttosto convincenti: Ron aveva e ha un’immagine molto seria e composta, mentre Dalla è consapevole della propria figura un po’ clownesca, arrivando anche a esagerarla, nella propria visione di se stesso.

Il singolo, trainato da un video spiritoso, è un trionfo assoluto. Il disco in realtà non sarebbe così pagliaccesco, anzi canzoni come Le rondini o Comunista si collocano senz’altro accanto alla migliore produzione del cantautore bolognese. Arriva il Cambio tour, a cui partecipano anche due giovani dal buon futuro: Angela Baraldi e Biagio Antonacci. Tra i talenti lanciati da Dalla c’è anche Samuele Bersani, che apre le date del tour e che finirà con la sua Il mostro, anche nel disco dal vivo Amen, pubblicato nel 1992.

Prima era uscita una raccolta di pezzi rari, Geniale?, mentre il disco di inediti successivo è Henna, del 1993. Non è un altro successo di vendite, anche perché manca il singolo d’impatto e di traino, ma è uno dei lavori più completi e riusciti della carriera di Dalla. Nel 1995 la partnership con Morandi si rinnova sul palco del Madison Square Garden di New York, in un concerto che darà il via a un nuovo tour americano dei due, intitolato Dallamericamorandi. È dello stesso periodo l’operazione che porta Dalla a curare le musiche di Al di là delle nuvole, di Michelangelo Antonioni.

Canzoni, del 1996, è un altro trionfo: con Canzone, Tu non mi basti mai, Ayrton, che rinnova il legame fra Dalla e il mondo dei motori, vende 1.300.000 copie e conferma come, vent’anni dopo Com’è profondo il mare, Dalla riesca a mantenersi produttivo e amatissimo dai fan, come a pochi suoi colleghi è riuscito per un periodo così lungo di tempo. Poi si fa vedere a un concerto di Venditti, viene curiosamente tirato in ballo dal disco degli Articolo 31 Così com’è e torna a collaborare con Roversi per lo spettacolo Enzo Re, che andrà in scena in occasione della nomina di Bologna città capitale europea della cultura per l’anno 2000.

Prima però, il 9 settembre 1999, riceve la laurea honoris causa in lettere e filosofia dall’università della sua città. Nel 1999 esce altresì Ciao, trainato dal singolo tormentone omonimo e che registra 200.000 copie vendute: tenuto conto che tra Canzoni del 1996 e Ciao del 1999 era crollato il mercato discografico, il risultato è da considerarsi più che dignitoso. Dalla non si ferma pressoché mai: trova il tempo di entrare in un disco di Elio e le Storie Tese e in uno degli Skiantos, a Napoli tiene un concerto in compagnia nientemeno che di Ray Charles. Nel 2001 esce Luna Matana, che suscita qualche dibattito per la canzone Kamikaze, anche perché arriva un mese dopo l’11 settembre; nel disco trovano posto come collaboratori anche Gianluca Grignani e Carmen Consoli.

Angoli nel cielo

Nel 2002 conduce su Raiuno con Sabrina Ferilli La bella e la bestia, un palcoscenico perfetto per l’istrionismo di Dalla, che si confronta con Morandi, Ron, Fiorello, Zucchero, Renato Zero, Gino Paoli, Andrea Bocelli, Gianna Nannini e numerosissimi altri ospiti. Nel 2003 si spinge oltre i confini della lirica, rileggendo l’opera di Puccini per trarne un lavoro del tutto personale, Tosca amore disperato, ma anche Lucio, nuovo disco di inediti. Negli ultimi anni continua a frequentare con curiosità il mondo della cultura un po’ meno pop, avvicinandosi al teatro, alla danza e ancora alla lirica.

Nel 2007 esce un nuovo disco intitolato il contrario di me, in cui questa volta ad accostarlo al mondo dei motori ci pensa Due dita sotto il cielo, dedicata a Valentino Rossi. Due anni dopo è la volta di Angoli nel cielo. Il 2010 è invece caratterizzato da un bis con De Gregori: i due cantautori, invecchiati ma non imbolsiti, si cimentano di nuovo in duetti, riletture, simpatia musicale nel senso più proprio del termine. Le date saranno un centinaio, il successo incredibile e il tour proseguirà per oltre un anno, a testimonianza della freschezza delle idee.

Nel febbraio 2012 torna a esibirsi nell’amatissima Puglia, compresa una tappa al teatro di Manfredonia che sarà di lì a poco intitolato a lui. Torna a Sanremo, quarant’anni dopo, in gara accanto a Pierdavide Carone con il brano Nanì, che si piazzerà al quinto posto, apparendo per l’ultima volta in tv. E lascerà per sempre l’Italia a fine febbraio dello stesso anno, per una tournée svizzera che però non riuscirà a concludere: il 1º marzo muore a Montreux, sul lago di Ginevra, nella città nota per il festival jazz, per i fatti che condussero alla scrittura di Smoke on the water dei Deep Purple e per la statua di Freddy Mercury, che qui trascorse gli ultimi tempi, dopo aver scoperto di avere l’AIDS.

Forse Dalla non avrà una propria statua a Montreux, ma è qui che il suo fuoco si spegne. Il funerale si celebra a San Petronio a Bologna, il 4 marzo 2012, giorno in cui avrebbe compiuto sessantanove anni. Segue una breve e non desiderata polemica sull’omosessualità più o meno nascosta di Dalla, nonché presumibilmente una lunga querelle su a chi spetti l’eredità del cantante. L’eredità musicale, però, spetta a tutti ed è bene ricordarlo: magari un giorno un cantautore si affaccerà dalla finestra di un hotel di Montreux, troverà l’ispirazione per una canzone forte e piena di significato, e la storia continuerà.

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