Neuromant, “Cyberbirds”: la recensione

Cyberbirds è il disco d’esordio del giovanissimo quartetto umbro dei Neuromant. Un lavoro in bilico tra alternative, post-rock e psichedelia, fortemente ispirato a partire dal titolo dalla cultura Cyberpunk.
Neuromant traccia per traccia
L’apertura è affidata a Trees or Teeth, passaggio apparentemente tranquillo in boschi oscuri e carichi di suggestioni new wave. Penguin’s parade parte da quella che sembra una marcetta da carillon, salvo poi introdurre percussioni elettroniche voluminose, e la marcetta si trasforma in un passo cadenzato e in un pezzo piuttosto teatrale.
Placide le onde di Dreaming water, che ha profili melodici e quasi pop. Molto più nervosa Emptiness, che nei suoi tre minuti appena abbondanti adotta modi accelerati e frenetici. Cold wind fat world accoglie invece ispirazioni psichedeliche a un pezzo dalle strutture variabili ed esposto ai venti.
Leaving soul si riprende il livello melodico con un cantato particolarmente “sentito” e intenso e una coda finale allungata e quasi lirica. La teatralità si conferma in un pezzo come All the crazy voices, guidata da un interessante giro di basso e influenzata da idee sostanzialmente progressive. La breve I feel fornisce un cuscinetto di pianoforte prima di nuove avventure.
Ecco quindi Cyberbirds, la title track, soave nel suo procedere e nel suo essere allietata da canti quasi angelici. Si chiude con Lullabye, ultimo pezzo ricco di melodia e dolcezze.
I Neuromant mettono in piedi una specie di spettacolo di luci e ombre, mostrando una certa consapevolezza dei propri mezzi, considerando che si parla di un esordio. La declinazione melodica di alcuni pezzi mette in evidenza il talento pop della band, comunque compensato da strutture più complesse in altri pezzi dell’album.