Come sicuramente tu, lettore di TraKs impeccabile per attenzione, ricorderai, avevamo incontrato i Terapia dell’Odio qualche mese fa, per recensire il loro ep d’esordio, Due minuti d’odio (qui la recensione). Oggi tornano, ma si fanno accompagnare da alcuni amichetti non meno affezionati a grind, noise e sensazioni metalliche estreme, cioè gli Squalo e gli Asozial.

Split traccia per traccia

Si apre con il punk-hardcore furibondo degli Squalo, che scelgono, per aprire il proprio terzo di album dal titolo “Mutamenti dettati dall’apprendimento”, Nella mia testa, uno sguardo intracranico piuttosto inquietante, che si consuma tra pulsioni suicide e fortissime accelerazioni, dettate soprattutto da batteria e chitarra.

Doppio colpo conferma velocità e atteggiamento punk, anche se nella metà finale del disco si infiltrano rallentamenti, utili però ad alzare una volta di più la voce. Terzo e ultimo pezzo Furia, che in mezzo alla classica tormenta elettrica inserisce un parlato/recitato che fa da spartiacque tra due episodi a ritmo molto sostenuto.

Ritmi all’inizio più lenti ma furia anche raddoppiata nella voce per i Terapia dell’Odio, che aprono la propria parte “Parallelismi continui tra ossessione e tormento” con Paralizzati dal tempo, veloce e bruciante.

Giorgio, la seconda traccia, inizia con un drumming piuttosto pesante e con la chitarra che dardeggia in libertà. I tempi sono spesso irregolari e qualche sbavatura emerge, anche se all’interno del calderone noise non si cerca certo la precisione più limpida.

Ultimo brano 27 gennaio, che a proprio modo è un po’ più “gentile”, quantomeno con qualche pausa in cui emerge anche qualche sfumatura differente.

Si viaggia in ambienti più ariosi, anche se con aria molto elettrificata, con gli Asozial, che hanno intitolato la propria parte di Split “Meccanismo da coscienza”. La prima traccia è lo strumentale Sette Ottavi, che tra chitarre potenti e un drumming regolare, inserisce scenari sonori molto vasti.

Molto più angusta la seconda traccia, Stimolo profano, che dal post rock si sposta in territorio screamo, dando fuoco a tutto ciò che incontra. Sembra più cauta la partenza di Meccanismo da coscienza, la title track, ma la cautela sparisce molto presto, lasciando spazio di nuovo a un’ira belluina che travolge ogni remora.

Nel complesso il disco è vario e molto potente. Al limite ci si può interrogare sull’efficacia effettiva di un’operazione come questa, che toglie in spazio alle singole band quanto regala in maggiore esposizione. Ma se lo si intende come puro biglietto da visita (che presumibilmente si autodistruggerà in 30 secondi) allora è probabile che una certa efficacia la si possa riscontrare.

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