L’America è l’album di debutto di Gionata, giovane cantautore toscano, in bilico tra leggerezza e nostalgia. In copertina una vecchia foto d’infanzia (poi va be’, parere personale: copertina senza nome e titolo solo se sei i Beatles del White Album). L’America, in uscita con Phonarchia Dischi, è il sogno di una vita migliore, il pensiero che quello che ci fa stare bene sia altrove.
“Chi, come me, è cresciuto in provincia, sa quanto è difficile accontentarsi, sperando in qualcosa di meglio. Una vita in bilico tra un presente che opprime e un futuro lontano e incerto, un’instabilità che consuma anche l’amore, troppo giovane e caduco per poter sopravvivere. E, mentre il tempo passa, quel futuro pieno di incertezze rischia di diventare solo un bel ricordo, con l’amaro in gola di tutte le occasioni perdute, di quell’America che è un domani che non tornerà.
La copertina è una vecchia foto trovata sfogliando gli album di famiglia. Quando è stata scattata io ancora non ero nato eppure, guardandola, ho avuto la stessa sensazione di speranza verso il futuro che ho quando penso all’America come concetto, più che come luogo geografico. In questo mare che sembra un Oceano, l’America è la fiducia in un futuro nebbioso“.
Gionata traccia per traccia
Si parte da Frigorifero, ritratto familiare un po’ curioso e con parecchio synth, ma anche un po’ di elettricità sparsa.
Un ritmo determinato per Male che vada, altro pezzo pop sostenuto ma con un background di malinconia evidente. “Guarderemo quei film in cui tutti muoiono bene”.
Più ragionata Oceano, che contempla un po’ anche con l’aiuto della chitarra e delle tastiere.
“Ti faccio male/ma ti accompagno/all’ospedale”: sono soddisfazioni. E’ questo il tema di 2009, altre vicissitudini quotidiane su un letto sonoro un po’ acidino.
Sonorità vintage e giocosette per 8-bit, intermezzo sonoro che conduce alle nuove malinconie antiche di Dinosauri.
Ci toccherà ballare è un’altra iniezione di amarezza, descrivendo una serata in provincia, in chiaroscuro e con ricchezza di contrasti.
Pianoforte e molta melodia con L’America, la title track che si veste da ballad, con cori. Ritmi ragionati anche quelli di Vans, condita da molta nostalgia.
Il disco chiude con Firenze, altro brano in cui la narrazione della notte si trasforma in qualcosa di poco festoso, come a voler smaltire la delusione delle attese tradite.
E’ un disco che suona piuttosto “vero” l’esordio di Gionata, che ha una buona scrittura e dei suoni perfettamente allineati con la tendenza del contemporaneo.