Logic Il Logic Records e Burning Minds Music Group pubblicano Dreamy Reflections, album di debutto ufficiale della band alternativa italiana di rock metal Orphan Skin Diseases. La band nasce da un’iniziativa del batterista Massimiliano Becagli, noto nella scena italiana come drummer dei No Remorse.
La line-up di Orphan Skin Diseases è stata completata dall’aggiunta di abili musicisti della scena metal come Gabriele Di Caro (ex Sabotage, ex Outlaw – voce), Juri Costantino (ex Creation – basso) e David Bongianni (ex Virya, Little CB – chitarra). La musica rock progressiva, le influenze heavy metal, le idee funky e gli elementi alternativi sono mixati ed equilibrati per creare un’esperienza potente ma accattivante.
Orphan Skin Diseases traccia per traccia
Into a Sick Mind apre il disco con un volume di fuoco già robusto: il territorio esplorato è quello del metal classico, con qualche coro e una certa fluidità generale. Fiammeggiante ma più trattenuta Flyin’ Soul, che segue, con sovrapposizioni vocali e chitarre potenti.
Sensazioni melodiche si insinuano in The Storm, almeno sulle prime, che come da programma si fa poi tempestosa senza però limitare né le linee melodiche più morbide né un certo spleen di fondo.
Gli obiettivi polemici di Rapriest (Stolen Innocence) sembrano piuttosto chiari, con tanto di contenuti “religiosi” sparsi lungo il percorso della canzone.
Senza tregua, ecco poi Do You Like This?, molto martellata anche se prevede pause. Contaminazione e sentimenti pesanti sono alla base di una più lenta, oscura, e parzialmente contaminata dal nu metal As A Butterfly Grub, che ha esiti molto rumorosi.
Più aperta e solare Awake, sorretta da ritmi molto intensi e rotondi. C’è tensione e oscurità anche in Leave a Light On, che ha interessanti dinamiche vocali. Con Sorrow & Chain si torna a ritmi e suoni furibondi, sconfinando qui e là quasi nello speed.
Altrettanto granitica si consuma The Wall of Stone, seguita da una più dialettica Waves, che però si adira molto contro i bugiardi, operando poi una sorta di discesa agli inferi.
Il disco si chiude con la monumentale Just One More Day, divisa in tre parti: l’acustica She Was (Intro) apre le danze in modo agile e sensuale. Fatherend è il centro della composizione, e incomincia con modi molto tranquilli, quasi folk rock. Poi il tema si sviluppa come quello di una ballad elettrica dai lati melodici evidenti. Si esce, dalla mini-suite e dal disco, con un’altrettanto acustica She Was (Outro).
Gli Orphan Skin Diseases esordiscono con un album che tradisce tutte le proprie influenze “metalliche”, conservandosi coerente dalla prima all’ultima nota. Benché evidentemente dedicato al pubblico di settore, può piacere anche a una platea eclettica e alternativa.